Prendere una decisione non è mai semplice, specie quando dobbiamo capire quale prodotto acquistare e davanti a noi si apre l’innumerevole catalogo virtuale legato alla vendita online. Eppure, in qualche modo, siamo abituati ad addentrarci nella giungla delle possibilità, valutando – ciascuno a suo modo – ogni possibilità, fino ad escluderne il 99% per poi dirigerci con la carta di credito verso quell’unico prodotto che è riuscito a sbaragliare la concorrenza.

MESSY MIDDLE: COSA SUCCEDE TRA PRIMO STIMOLO ALL’ACQUISTO E VENDITA?

Il processo che nella Customer Journey sta proprio in mezzo al primo stimolo all’acquisto e alla vendita effettiva, è chiamato Messy Middle, perché si tratta di un percorso caotico di cui non conosciamo appieno le modalità. Sappiamo però che si tratta di un iter non lineare comprendente diversi touchpoint che cambiano da persona a persona.

In sostanza, l’utente segue un processo di analisi che si muove innumerevoli volte tra l’esplorazione delle opzioni e la valutazione delle caratteristiche del prodotto, fino ad arrivare all’acquisto finale.

Il modello che risulta da questo insieme di comportamenti può essere identificato con il seguente: 

Ma come si sviluppano le scelte che descrivono il Messy Middle?

LO STUDIO DI GOOGLE: CERCHIAMO IL PRODOTTO MIGLIORE O IL PIÙ ECONOMICO?

Una recente ricerca da parte di Alistar Rennie e Johnny Protheroe, che si occupano di insight sui consumatori all’interno del team Google, ha cercato di dipanare la matassa, partendo dal fatto che il nostro approccio alla ricerca online è cambiato nel tempo.

Diamo uno sguardo all’andamento di ricerca per le keyword “cheap” e “best” dal 2000 ad oggi:

Se nei primi anni del nuovo millennio il trend “economico” ha avuto un andamento glorioso, nel tempo e con l’aumentare delle scelte sul mercato, è stato sostituito gradualmente dal termine “migliore”. Questo perché “migliore” include diversi aspetti, tra cui qualità, valore, performance e popolarità del prodotto; in ultimo, si tratta di un termine soggettivo ed emozionale, non oggettivo e unidirezionale come invece il termine “economico”.

Questo evidenzia che la ricerca degli utenti è cambiata in base alle proprie esigenze, che possono anche includere, ma non necessariamente, un vantaggio competitivo a livello di prezzo.

SCIENZA COMPORTAMENTALE E CUSTOMER JOURNEY: I BIAS COGNITIVI

Il fulcro della ricerca di Rennie e Protheroe si concentra sulla rilevanza dei bias cognitivi, forme di comportamento mentale che applichiamo senza rendercene conto ogni volta che compiamo un’azione. I principali bias che intervengono nel processo decisionale sono 6:

  1. Euristiche di categoria: la descrizione delle informazioni chiave relative al prodotto possono semplificare il percorso decisionale in modo veloce ed efficace. Ad esempio, fa la differenza sapere quanti megapixel possiede una fotocamera se stiamo acquistando uno smartphone, o quanti giga sono inclusi in un contratto di telefonia mobile.
  2. Bias di autorità: descrive la tendenza ad alterare le nostre opinioni per farle coincidere con quelle di persone che consideriamo autorevoli. In uno degli esperimenti, sono stati studiati i comportamenti di 24 studenti mentre prendevano decisioni in campo finanziario: quelli esposti alle opinioni di economisti rinomati tendevano a ragionare molto meno sul da farsi, allineandosi alle considerazioni dell’esperto.
  3. Prova sociale: descrive la tendenza a seguire il comportamento e le reazioni di altre persone in situazioni di incertezza o ambiguità. Il ruolo delle recensioni è evidente: quando leggiamo feedback rilasciati dagli utenti, questi influenzano in modo inconscio la nostra decisione.
  4. Potere di immediatezza: in generale, tendiamo a volere qualcosa subito e a stancarci di doverla aspettare. Questo spiega il successo dei download istantanei o di una delivery in 24 ore rispetto a prodotti per i quali è necessario attendere prima di poterli ricevere.
  5. Bias di scarsità: si basa sul principio economico secondo cui la scarsità o la limitazione delle risorse rende queste ultime più desiderabili. Si declina in scarsità di tempo (disponibilità del prodotto limitata a pochi giorni), di quantità, o di accesso (prodotto riservato a pochi).
  6. Potere di gratuità: il “costo zero” ha un peso non sottovalutabile. Lo studio ha dimostrato che, di fronte a un’offerta che regalava un prodotto di prezzo medio e a un’altra che ne promuoveva uno identico e molto più costoso a un prezzo minore, la scelta ricadeva comunque sul prodotto gratuito.

APPLICARE I BIAS PER DOMINARE IL MESSY MIDDLE: IL TEST

Sulla base di questi 6 bias il Team di Google ha costruito l’esperimento principe, creando 31.000 scenari di acquisto in 31 categorie comprendenti servizi finanziari, beni di consumo, viaggi, vendita al dettaglio e servizi pubblici.

Agli acquirenti, reali, è stato chiesto di scegliere un primo e un secondo brand preferito, al quale sono stati applicati una serie di bias per capire se i clienti avrebbero cambiato le proprie preferenze di acquisto. 

Inoltre, è stato inserito anche un brand fittizio in ciascuna categoria: il test ha dimostrato che, una volta applicati i bias, i brand fittizi hanno conquistato una larga fetta di consumatori; addirittura uno di essi, un’agenzia di assicurazioni auto immaginaria, si è vista attribuire tutti e 6 i bias, attraendo ben l’87% dei potenziali acquirenti, anche se era a loro sconosciuta e nonostante le preferenze iniziali dei consumatori.

Il messaggio è chiaro: le scienze comportamentali sono uno strumento potentissimo messo a servizio del marketing, se sfruttate a dovere. 

Il risultato dell’esperimento evidenzia senza dubbi che, per cavalcare il Messy Middle, è necessario:

  • fare in modo che sia garantita la presenza del brand in senso strategico perché venga notato e ricordato;
  • applicare i principi derivati dalle scienze comportamentali perché le proposte risultino attrattive ed efficaci;
  • far sì che il momento che separa il primo stimolo all’acquisto dalla vendita sia il più breve possibile, in modo che il tempo di esposizione dell’acquirente ai competitor sia ridotto;
  • formare team competenti e altamente flessibili per evitare che eventuali barriere tra i reparti possano creare spazi vuoti nel percorso decisionale dell’acquirente.

Aumentare i profitti è dunque possibile se si implementa una funnel strategy efficace, che tenga conto dei comportamenti delle persone: se ancora non sei riuscito a ottenere risultati soddisfacenti nel tuo business, probabilmente hai bisogno di rivedere la tua customer journey. Non sprecare tempo e denaro prenota oggi la tua consulenza gratuita e dai al tuo prodotto il valore che merita!


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